Oltre il Dolore: La Lotta per la Salute in Haiti, con un aggiornamento del 3 marzo
Il nostro viaggio tra difficoltà sanitarie, instabilità politica e speranza per il futuro
Aggiornamento del 3 marzo
Mentre stavamo per pubblicare la Newsletter di Madda, siamo stati raggiunti dai suoi messaggi che ci comunicavano che la situazione ad Haiti è fuori controllo. Le violente proteste antigovernative in corso si sono intensificate e le bande che controllano la capitale hanno attaccato più stazioni di polizia e una prigione. Per restare informati su Haiti possiamo seguire Il Post e altri siti di informazione. Non appena Maddalena avrà altre informazioni cercheremo di comunicarle anche con la sua Newsletter. Uniamoci nella preghiera perché il Signore protegga chi ogni giorno si impegna per il bene ad Haiti e in ogni altra zona di guerra.
Oltre il Dolore: La Lotta per la Salute in Haiti
Tre ore di fuoristrada nel fango scivoloso su strade quasi impercorribili, anche per l’ambulanza fuoristrada messaci a disposizione dalla religiosa-medico, nostra amica missionaria in una località non troppo lontana da dove viviamo noi, nel nord-ovest di Haiti. Tre ore di fuoristrada per coprire i sessanta chilometri che ci separano dall’unico ospedale dal quale si può sperare di avere un servizio ed una visita specialistica in tutto il nostro dipartimento.
Tre ore di scossoni interminabili accompagnando la malata che i medici della nostra zona hanno chiesto alla famiglia di trasferire per ottenere cure opportune. La giovane donna, 38 anni, madre di due figli che piangevano quando siamo andati a prenderla a casa, sembra avere un cancro al seno, ma nessuno qui le ha mai potuto fare un esame per stabilirlo ed il tempo è passato, la sofferenza è aumentata, le piaghe si sono aperte. Non pensavamo di poterla guarire, ma almeno di lenire le sofferenze.
I limiti dell’assistenza sanitaria ad Haiti
Il medico del pronto soccorso, accogliendola, non ha perso tempo: con educazione e fermezza ha spiegato che il ricovero non era possibile, nemmeno in attesa dell’arrivo del chirurgo, presente solo alcuni giorni al mese, che avrebbe potuto dare qualche suggerimento in più. L’ospedale non ha posto, i farmaci sono pochi ed essenziali, le cure palliative non esistono. Esiste solo il dolore.
Non esiste la possibilità di fare un esame istologico né una mammografia; le radiografie sono di pessima qualità. La donna che accompagniamo tace, non parla con i medici, ascolta. I medici non parlano con lei, parlano con Jocelene, l’infermiera di Aksyon Gasmy che l’accompagna, il suo angelo custode in questa situazione infernale, spiegandole che neanche loro, in questo ospedale, hanno altre possibilità. L’unica cosa che possono fare è una medicazione, per poi rimandarla a casa, con gli unici farmaci che hanno a disposizione: qualche compressa di antibiotico, tachipirina e vitamina C, per un cancro ormai in stadio avanzato.
Gli effetti dell’instabilità politica sulla nostra realtà
Il paese è allo sfascio, il nostro dipartimento, ovvero tutta la nostra regione, è isolato perché le gang controllano ormai tutti gli accessi alla capitale e persone e merci possono arrivare solamente con ponti aerei complicati o rischiando con ogni probabilità la perdita di vite e di beni. Questo significa che anche i farmaci e i generi di prima necessità ed il cibo che non proviene direttamente dai propri campi non possono arrivare e quelli che arrivano sono sempre più costosi. Questo significa che i malati non possono avere cure e nemmeno raggiungere ospedali più attrezzati, in altre zone del paese, non solo in capitale, significa che manca il latte per i bambini, che scarseggia il cibo. Questo significa che in tutta Haiti, non solo in capitale, l’insicurezza e la violenza delle gang uccide. Uccide non solo nella violenza delle strade di Port au Prince e delle grandi città, ma anche nelle privazioni del necessario per vivere di chi non ha più risorse e che sopravvive nei contesti più poveri della provincia.
Questo è uno scorcio della vita attuale in Haiti, uno dei fronti caldi della terza guerra mondiale in corso. Per questo, la presenza della Chiesa e della Chiesa Missionaria, in questo paese così come in tutti i paesi in guerra, è così importante. Rimanere al fianco della gente, continuare a testimoniare con le nostre vite al servizio di Dio e dell’Uomo che il popolo di Haiti, popolo di martiri, non è solo. Continuare a servire e aiutare chi è più nel bisogno per non lasciarlo solo, per dire che la sua vita ha valore, per dirlo in nome della nostra fede nel Signore dell’Amore e della Vita e per dirlo a nome di tutti i fratelli in Umanità.
Semi di speranza
Questo nella foto è il gruppo giovani della cappellina di san Tommaso, dove vado tutte le domeniche a dare la comunione nell'ufficio della Parola e a visitare e portare la comunione ai malati.
Ieri, 16 febbraio, c’è stato il primo incontro di questo gruppo. Guardate bene i volti di questi ragazzi....non vi ricordano i nostri volti qualche tempo fa, quando i giovani del gruppo eravamo noi?
Chiedo al Signore di benedirli, e garantire loro il conforto di una amicizia splendida e di una fede sempre rinnovata, così come ha fatto e fa per noi.